3 novembre 2008

john uomodiminchia.


Non eri proprio il tipo da versare lacrime senza che ci fosse una ragione speciale. Tutto il mondo avrebbe continuato a guardarti con quell'aria di fin troppo vera curiosità feticcia imbellettata di una pellicola invisibile ma percepibile di indifferenza. Non andrai da nessuna parte, il capolinea è la stessa fermata da cui sei partito, o non sei affatto. Nessun futuro perchè passato e presente li ha già portati via il corteo dei conigli dal pelo nero. Ti ostini ancora, quasi fossi un bambino capriccioso, a non voler cedere mai, a credere che continuando su questa strada fatta di paralisi facciali, ernie e piaghe da decupito ti saranno aperte le porte di quel regno che ancora fortifichi e abbellisci nei sogni. Ricordati solo chi sei, o meglio, la cosa che ti sei trovato a dover essere fin dal momento in cui l'utero di tua madre un giorno di gennaio si è schifato e ti ha rigettato sbattendoti in faccia la sorpresa per la quale ogni singolo giorno paghi le conseguenze.


Non sei il nulla. Purtroppo per te.


Perche di fronte a quello ogni uomo è cieco. Non sei l'uomo che credi di essere.

Io sono ciò che tu non sei mai stato, o almeno in parte, e questo è quanto mi ricordo di tutta la mia infanzia:

Un giorno, anzi il giorno, il giorno di natale di qualche anno fa, io bambino ricevetti un regalo che mi confuse. Un regalo di un mio lontano zio, ormai morto credo. Col tempo realizzai che quello fosse niente meno che il migliore regalo che un essere umano possa desiderare. Era un tubetto blu. In bianco a caratteri ben visibili una scritta e niente più. Ingegno.

Quello stesso natale, rivendetti il tubetto per comprarmici due confezioni di gomme da masticare e un trenino con cui non ho mai giocato.

Non potevo sapere che questa scelta ingenua di bambino spensierato avrebbe per sempre cambiato il corso degli eventi, vanificando di fatto ogni singola speranza di poter un giorno tornare ad essere quello che ero.





F.