4 novembre 2008

sopra il bene comune e l'esecrabile maldicenza.

La mia istancabile fonte di ispirazione si e' fratturata un gomito. L'altra sera, mentre portava fuori il cane, proprio mentre raccoglieva le sue feci. Del cane. Non della istancabile fonte di ispirazione. Al pronto soccoro i medici hanno detto di rimanere venti giorni a riposo e di non bagnare per nessuna ragione al mondo il gesso. Fin qui nessun problema, se non fosse che il principale hobby di Ricky Scarondilanza (nome e cognome della mia istancabile fonte di ispirazione) sia proprio quello di stendersi sul pavimento del suo appartamento appena tornato dal lavoro, prono, mettersi i braccioli di quando era bambino e immergere le sue braccia in due enormi vasche per pediluvi appositamente create dalla ditta Marenghelli & co.
Senza questa particolare attivita, da lui stesso definita "abluzione sincopatomalapologica" correrebbe molti rischi oltre a quello di non avere attivita' extra lavorative soddisfacenti. Dall herpes all'aritmia circondariale, dall'impetigine all'amputazione di un lembo di carne a scelta, fino alla completa morte per annegamento da salsedine.

Ora, mi pare superfluo dirvi come in questi giorni sia estremamente depresso. Non riesca a mangiare, non riesca ad espletare le sue funzioni corporali, nemmeno a riordinare la collezione di riviste sulle usanze popolari del Murmansk che fieramente colleziona dal giorno in cui vinse un buono per l'acquisto di sedici Maersk colmi di corallo di contrabbando.
Una signora mi guarda con fare sospetto e decisamente irrisorio.
Ma lei almeno lo sa con chi ha a che fare? Lei lo sa almeno chi e' Ricky Scarondilanza?
No, risponde la signora, ma so benissimo chi sei tu. Un impostore!
...
La folla si lascia scappare un oooooooooh
...
...
....
...
Ebbene, mi avete smascherato, si, non sono chi pensate che io sia.

La madre di Marchino Sigonella sviene. Il fabbro Ranestocazzo sbaglia clamorosamente la mira martellandosi due dita. La tabaccaia Gnetta Graz Morello dopo una fragorosa tirata di coca impreca al signore e alla madonna.

Geppo Rondolini, e' cosi che sono soliti chiamarmi i miei compagni di lancio della caciotta nostrana.
E fatemi aggiungere, vi prego, che senza la vostra spazzatura mediatica quotidiana che voi chiamate "cultura" non sarei nemmeno potuto esistere. Spero solo che questo vi serva di lezione.
La predica siamo noi a fartela, e' a te che deve servire di lezione o no?
La mia abilita' oratoria si contrappone al vostro simpatico ma pur sempre privo di risoluzione tentativo di gambizzare l'ultimo respiro di un uomo intellettualmente gia' morto da tempo. Quindi perche' infierire? Io vinco. Stronzi. Ricky non puo morire, c e' una sola parola che puo salvarlo, ma in questo momento sono troppo preso dal nuovo disco di Lou D'averio per ricordarmela.





Ah si, la parola era "Permanenza".

Sara' per la prossima volta.

3 novembre 2008

barabba, barabba.


E' inabile. Alla compagnia e alla solitudine, alla calma e allo stress. Inabile alla campagna sperduta,

come alla città fumosa, alla vita attiva come a quella contemplativa. Inabile come la nera sagoma che sta nel mezzo senza aver facoltà di scelta. Un servo della gleba suddito-sfruttato di un padre padrone. Inabile all’azione ed inabile all’inazione. Alla scelta e all’esecuzione, alla disciplina e alla rivolta. Inabile manualmente ed intellettualmente. Un mediocre nel mezzo del letto di un fiume prosciugato conta e riconta i ciottoli dimenticati dalla corrente tanti anni fa. Li numera uno dopo l’altro e li ammassa in pile sempre più alte. Poi gli tira un calcio, li fa cadere.

Si spargono al suolo.

Ricomincia da capo con tutta la calma del mondo. Impegnato in quel singolo e sinottico movimento che è intellettuale e manuale al contempo passa i suoi giorni ed impiega il proprio cervello. Lentamente il viso diventa rugoso e la barba bianca rigogliosa. Non cessa il suo lavoro fino alla morte. Ero al funerale in una chiesa deserta e buia, ho seguito il corteo composto da una sola persona fino al campo santo e ho visto seppellire il corpo e la bara. Nessun nome sulla lapide, solo uno spazio bianco e silenzioso, un vuoto più pesante di mille parole vermiglie.


Credersi migliore degli altri è un bieco e vile istinto di autodifesa. Il rapporto tra essere e mondo si complica di svariate varianti che fanno dimenticare la strada intrapresa. Dimentico le ore e le stagioni, dimentico nomi e luoghi. Dimentico di ricordare il motivo che sottende il mio sforzo. (sforzo?) Impegno e dedizione sono aste spuntate in un armamentario di egotismo decadente. Lo specchio riflette un viso, lo mostra deforme e inappetibile. Né la natura né l’uomo possono evitargli il destino di saltimbanco penoso che si è creato. Non è trascendente e nemmeno immanente il principio che sottende la nostra realtà, è un lumino vago e irrequieto che costringe ad immergersi nel liquido amniotico. (scendere o salire le scale dell’avvenire è lo stesso movimento circolare che porta dalla purezza alla più completa dissoluzione).


No, cara mrs Dickinson, non hai capito nulla. non puoi pensare di conoscere ed interpretare lo spirito ed il mondo rinchiusa nella tua casa di famiglia scrivendo lettere a parenti. Morta vergine come neppure la Madonna. Mi si conceda la bestemmia. Migliaia di poesia tutte uguali. Ruotano su un unico tema: la morte. Si voglia però ammirare questa lucidità ancestrale: I like a look of Agony / Because I know it’s true –





M.

john uomodiminchia.


Non eri proprio il tipo da versare lacrime senza che ci fosse una ragione speciale. Tutto il mondo avrebbe continuato a guardarti con quell'aria di fin troppo vera curiosità feticcia imbellettata di una pellicola invisibile ma percepibile di indifferenza. Non andrai da nessuna parte, il capolinea è la stessa fermata da cui sei partito, o non sei affatto. Nessun futuro perchè passato e presente li ha già portati via il corteo dei conigli dal pelo nero. Ti ostini ancora, quasi fossi un bambino capriccioso, a non voler cedere mai, a credere che continuando su questa strada fatta di paralisi facciali, ernie e piaghe da decupito ti saranno aperte le porte di quel regno che ancora fortifichi e abbellisci nei sogni. Ricordati solo chi sei, o meglio, la cosa che ti sei trovato a dover essere fin dal momento in cui l'utero di tua madre un giorno di gennaio si è schifato e ti ha rigettato sbattendoti in faccia la sorpresa per la quale ogni singolo giorno paghi le conseguenze.


Non sei il nulla. Purtroppo per te.


Perche di fronte a quello ogni uomo è cieco. Non sei l'uomo che credi di essere.

Io sono ciò che tu non sei mai stato, o almeno in parte, e questo è quanto mi ricordo di tutta la mia infanzia:

Un giorno, anzi il giorno, il giorno di natale di qualche anno fa, io bambino ricevetti un regalo che mi confuse. Un regalo di un mio lontano zio, ormai morto credo. Col tempo realizzai che quello fosse niente meno che il migliore regalo che un essere umano possa desiderare. Era un tubetto blu. In bianco a caratteri ben visibili una scritta e niente più. Ingegno.

Quello stesso natale, rivendetti il tubetto per comprarmici due confezioni di gomme da masticare e un trenino con cui non ho mai giocato.

Non potevo sapere che questa scelta ingenua di bambino spensierato avrebbe per sempre cambiato il corso degli eventi, vanificando di fatto ogni singola speranza di poter un giorno tornare ad essere quello che ero.





F.

magnaccia magnaccia.


Con fare furtivo ma cosciente del mio senso civico oggi faccio incursione nella sala relax dove solitamente migliaia, ma che dico, milioni di persone si ritrovano per pasteggiare con caffe’ andato a male, tartine al siero positivo e minestrone di colla stick da ufficio. Vedo una tipa a fianco del boccione dell’acqua. Capelli rossicci, taglio scalato e vago accenno di lentiggini. Mi rivolgo a lei, fa un sorriso malizioso, le chiedo di spostarsi, ho sete. Muoio di sete. Bevo, mi accorgo pero solo troppo tardi che dentro al boccione nuotavano tredici piccole meduse graziosamente colorate sul dorso con tinte autunnali. Tra tutte quelle tonalita di rossi ambrati, gialli paglierini e verdi marci non capisco piu niente e cado a corpo morto. Mi risveglio una quarantina di minuti piu tardi con la tipa di prima che mi rivolge lo stesso sorriso. “ho bevuto l’acqua dove nuotano quelle meduse?” chiedo. La tipa continua a sorridere.

Torno alla mia scrivania. Vedo il mio collega italoamericano accasciato su se stesso scoppiare in un pianto infantile, quasi ossessivo. Accendo il computer e leggo che in Italia stanno tornando di moda I Ragazzi Italiani. Si. La boyband. Un colpo di stato e’ avvenuto. Massimo di Cataldo e’ diventato presidente supremo del Paese, e tutti, grandi e piccini, si ispireranno a lui nei secoli a venire considerandolo come il modello di riferimento di quell'attitudine alla sciattoneria fichetta che ha dato, da' e dara' i suoi frutti. A chi pensava che gli anni 90 fossero solo un periodo transitorio, privi di quel carisma e quella patina rivoluzionaria che denotava I ‘70 o piu ancora I “60 io dico “ve l avevo detto, bastardi!” L ho sempre temuto, e oggi ho le prove che quell timore fosse piu che fondato. L' unica cosa che rivoglio indietro adesso e’ il mio divano su cui, tornato dal lavoro, schiantare la mia schiena. E possibilmente una versione di office che non corregga ogni italianismo che scrivo. E anche duemila euro. E pure un piatto di pinzoccheri alla valtellinese.

Penso, il mondo e’ finito e non ho ancora provato il cibo giapponese. Penso che infondo non sia una grave perdita. Si la mia vita e’ stata piena e profumata, dal sapore vagamente amarognolo ma stuzzicante, come un sacchetto di caldarroste a novembre. Non di cibo giapponese, ma di altre cose valevoli comunque di essere considerate quantomeno decorose. Come l'ostentazione del mio redord mondiale in qualita' di imbottigliatore di Paraflu.

La peggior cosa e’ accorgersi che quando si vive in una scatola con due soli fori per l aria, inesorabilmente le vie d uscita si complicano e al briciolo di speranza subentra la rassegnazione dell’uomo solitario e privo di fede.

Torno a pensare a quelle meduse del boccione. Al fatto che non fossero poi troppo contente di trovarsi dove si trovavano in quel momento. Un foro e' peggio di due. Dico.

Merda, ho dimenticato cosa dovevo fare oggi.

Pazienza.

28 ottobre 2008

il martin pescatore.


Stando al codice della strada americano, che non e' poi troppo diverso da quello canadese, dal bon ton francese o dal nostro manuale di pesca sportiva d'altura a cura di Rodolfo Serperi, gli incroci li attraversa prima chi giunge per primo a toccare la linea dello stop con la mano. Cosa non cosi straordinaria se ti trovi in sella ad una motocicletta ma impresa dalle tinte eroiche se sei a bordo di uno di quei gipponi neri coi vetri oscurati (o d oro con i vetri dorati se di proprieta di un indiano) che tanto vanno di moda qui. Dal canto mio con il bolide che mi hanno prestato quelli della ditta (un cinquantino coi fermi) passo sempre per primo, e non contento ci aggiungo pure un sorriso sornione e accattivante, di quelli che lasciano perplessi e assuefatti allo stesso tempo.
Toh.

Cosi non e' avvenuto oggi, perche un tale che sopraggiungeva da sinistra scende dalla macchina si tuffa verso la linea manco fosse un giocatore dei Giants e guardandomi mi rivolge un infantilissimo gesto dell'ombrello.

Questa poi. Mi dirigo verso di lui facendogli intendere di essere nel torto,non tanto per la precedenza acquisita, ma per lo sfotto' gratuito riservatomi. Niente. Piu parlavo piu lui continuava. Gesti ininterrotti macchina con le quattro frecce accese, gente impalata ad assistere e "fuck" ciancicati che volavano fuori dalla bocca del tale con rigoli di saliva annessi.

Senza perdermi d'animo apro il bauletto del mio cinquantino, mi ricordo che il mio collega di lavoro l altro giorno mi presto' una catena. Una di quelle per legare ai pali le moto. La prendo. Pesava cinque o sei chili. Faccio roteare la catena come se fosse un film di bande di strada anni ottanta. Lui continua.
Gli fracasso la testa.
Lui non continua.
Riverso per terra chiede di essere portato all ospedale, cosi faccio.
Poi mi accorgo che son quasi le sette e mezzo, e non ho fatto la spesa. Vaffanculo, anche oggi.
E' la pigrizia la mia peggior dote.

19 aprile 2008

ecchimosi due.


Per tutte quelle volte che faceva sogni su famiglie distrutte dal caso, su incidenti mortali, mostri assassini, uomini neri e bambini che annegano nel ventre delle loro madri. Per queste ma soprattutto per le altre volte in cui mentre raccontava tutto come se stesse parlando alla sua migliore amica del tipo conosciuto al pub o dei suoi campanelli mensili, giocava con i suoi capelli del cazzo e rideva emanando suoni simili ad un fagiano in agoinia.


E ogni cazzo di volta che cerco di non ascoltare, le puttanate che le escono dalla bocca mi inondano e costantemente sento le fitte all'intestino tenue. Preferirei dormire con una colata di asfalto bollente nel mio letto, sempre piu inaspettato e meno doloroso che incrociare quel nauseante odore di cosmetico a basso costo ma che-fa-tanto-fico. Non basta certe volte massacrarsi i timpani con della musica violentissima o stordirsi sognando i tubi di scappamento delle auto a targhe alterne del centro.

E' il magnetico supplizio al quale tutti quelli come me sono sottoposti quotidianamente, ricettacolo di maleodorante messinscena e cacofonica logorrea di chi il silenzio non sa nemmeno come scriverlo su un foglio di carta. Rendersi conto che più che girare su se stesso, il mondo tende ad assumere parabole orientate verso l'autodistruzione e cercare nei momenti di serenità di consumare una colazione senza sentirsi maledettamente spiati dal voyeurismo vorticoso degli anni 2000. Tanto di piu?

Mi viene sempre da ridere quando per un istantaneo lasso di follia si possa anche solo pensare che tu, il tuo mondo e le tue convinzioni possiate minimamente ritenere di essere la salvifica risposta che ti prende per una mano e ti dice "ecco, vedi? Questa è la strada, qui è la tua vita, o per lo meno è dove dovrebbe essere, dove devi, dobbiamo portarla ad essere."

Allora è a quel punto che con le mani nelle tasche dei jeans e gli occhi che fissano le riviste di free press spaginate al suolo inizi a camminare senza nessuna voce pneumatica nel cervello.

Bye Bye Baby! Perche col tuo vangelo secondo V****** o C****** sento di avere altro da fare.

27 marzo 2008

ecchimosi.

In effetti è come vedere sempre la stessa zattera che ti si frantuma sotto i piedi. Prima le corde annodate alla buona si allentano, poi la coperta bucata che usavi come vela inizia a sfilacciarsi, infine l'albero (o quello che rimane) che si piega su se stesso e piange.

Si puo?

Cosa?

Spegnere la luce

Non sapeva quello che stava dicendo, o forse lo sapeva meglio di tutti noi, c'era un solo modo per riuscire a salvare dall'ennesimo enfisema sociale la sua patetica vita. Disintossicarsi e dimenticarsi dei colori che lo circondavano. Per sempre, o per lo meno fino a quando sarebbe stato necessario.

Qualcuno puo spegnere la luce per cortesia?

E si ripartiva, come ogni mattina, gambe in spalla e sorrisi che ci verticalizzavano parabole sul culo. E quel finocchio, lì a stordirsi di popper come se fosse la sua naturale riserva d'aria quotidiana.

Spegnete quella merda di luce?

Mi faceva sempre piu pena il poveretto. A guardarsi le mani e trovarsi ogni ora che passava un dito in piu da dover contare. Poi dover stare davanti a suo padre, con aria fiera di chi realizzato proprio non lo è ma cazzo quanto vorrebbe esserlo. E lo specchio. Quello era il peggiore degli incubi immaginabili. E cosi reale.

La luce cazzo, la stramaledetta luce perdio!

E' quando si rimette a letto dopo la solita pisciatina delle tre e mezza che subentrano i casini. GIUDA, sei sempre stato cosi! Con me! BASTARDO TRADITORE, ti odio dal profondo. Urla che si rincorrono per le stanze del centro di recupero. Imbevuto di quel bisogno familiare.

Ce l' avete fatta alla fine! Adesso avrete un altro cieco sulla vostra coscenza.

Piangi ancora, su. Non ti basta mai, demolire ogni singola occasione che hai per riflettere ed alzare il tuo culo da quel letto sporco da chissà quanti mesi.

Ce l'avete fatta alla fine!

11 marzo 2008

saluti e muori.



Dice che chi non prova non saprà mai. Che solo chi cavalca la vertigine e spreme l'immobile fino allo stremo avanza e continua. Ammalati di me. Non è che tu lo chieda espressamente, ma è ciò per cui pulsa ancora e continuerà a farlo. Non importa di chi. Importa e basta. Comunque sia puoi convincermi che sia cosi semplice. Ma che anche per te ogni tanto il sipario rimanga immobile, questo di certo.


Calma, non c è fretta. Io posso aspettare. "E' il tempo che scorre lungo i bordi", lui e nessun'altro.


Quanto ti divertiva salire su quell'albero? Secondo me ancora di nascosto, nel silenzio del tuo mondo idrofilo sei ancora là sopra e strilli dalla gioia. Chissà la sera cosa fai. Se della calma di quelle notti di fine inverno abusi ancora o se preferisci il film che trasmettono alla tv. Se sei davvero così abbattuta come appari nei nostri specchi di ogni giorno o se covi le aspettative che nella tua recente storia sono state epicentro dei tuoi risvegli pomeridiani.

Durante la notte posso immaginare la tua stanza piena di fotografie con i lembi strappati, segno dell'incuranza del nastro adesivo che da piccola vi applicavi, della musica che ascolti, dei libri accatastati senza criterio ma perfettamente coscienti del loro destino. E poi riviste, lettere, calze e birre vuote. Dalla tua finestra vedi le due torri e ti senti grande. Ti senti perfettamente donna.

E io solo un martire. Eternamente grato.

10 marzo 2008

salvagente.


Appunto. Quella sera il lettore cd della mia macchina non funzionava. O non avevo portato con me dei dischi da poter ascoltare. Non ricordo, sta di fatto che accesi la radio. L'altisonanza che veniva vomitata fuori a quell'ora, in quel preciso momento, quasi mi fece sanguinare le orecchie. Una volta le radio trasmettevano musica. Ora trasmettono preti che non perdono occasione di evangelizzare. Anche ai funghi delle loro vasche da bagno incrostate, se potessero. Lo farebbero. Tanto funghi e fedeli tutti fratelli.

Il santo non si è putrefatto, e il miracolo si è incarnato. E questi necrofili poi criticano chi annoiato dalla monotonia del paese in cui si è malauguratamente trovato a vivere, saccheggia le videoteche noleggiando video splatter come fossero caramelle. Anzi di più và, sennò sai che ulcere! E' ancora peggio. Valicare quella sottile linea che separa la pura e semplice fiction da una realtà sempre più silenziosamente estrema.

Anchio nel mio frigo ho due fiorentine che non si sono putrefatte, e sicuramente non griderebbe nessuno al miracolo. Le teste chine e qualche lacrima da prima serata, primo pomeriggio, mattinata inoltrata, notte fonda, insomma, da televisione. Si gioca e ci si diverte. E tutti lo sanno.

Ti va una partita a tennis? Guarda, molto volentieri. Saranno otto anni che non gioco però, mi serve un po' di riscaldamento. E cosi tira fuori dalla tasca un tubo pieno di liquido strano rosastro e alcune masse viscide o apparentemente tali. Che strane palle!

Non sono palle, sono feti, al negozio le avevano finite sai. Ah, capisco. Vinse lui però. Ero completamente fuori allenamento, e gliel'avevo detto io di fare una sessione di palleggi prima.

Adesso qui vogliono costruirci un'altra chiesa lo sapevi?
Ma come ancora?
Si, o quella o un multisala.
E dov'è la differenza perdonami.
Il silenzio tra di noi diventa imbarazzante.
In chiesa non hanno il formato maxi.
Ah vero.

9 marzo 2008

non ho mai visto i fuochi fatui.


Portami a bere a Londra per favore. Fammi sfidare le nebbie della città tanto oggi è domenica e non c'è nessuno per strada. Ho bisogno di salire su uno di quegli autobus e di sentirne gli odori. Tutti quanti. Fammi ridere con le tue battute al vetriolo perche in fondo è questo che ci rimane. Fammi scappare da questo purgatorio di anime appese per i piedi, vestite a festa come in chiesa. Portami a ballare perche non ne sono capace e stenditi al sole con me finchè c'è tempo. Siediti in cima a quella collina e con il tuo aquilone tocca la stella più vicina. Togliamoci i nostri caschi di fumo nero e impariamo ad affondarci l'uno nell'altro. Senza doverci per forza sparare addosso. Noi non rientriamo nel calderone che ribolle questo dovresti saperlo molto bene. Le vedi anche tu tutte quelle parabole sui tetti? Famiglie felici che riunite per un solo giorno guardano il film del pomeriggio. Perche tanto del campionato non gliene frega niente. Ormai passiamo il tempo provando a decifrare quelle scritte incomprensibili sui muri di casa nostra. Ti sento sempre più distante. Guarda. Le stesse scritte compaiono anche su quel treno. Fermo. In Centrale. Ma mentre io sono al quinto jagermeister tu non parli più. Le labbra mi bruciano e non ho praticamente più salivazione. Andiamocene via dai, è inutile passare il tempo davanti ad una stazione sperando che lei sia in ritardo. Non ti serve a niente, se non ad affossare la tua autostima e il buonsenso che da sempre è il tuo cavallo di battaglia. "Ti sbagli, io l'ho vista ti dico."
Non possiamo starci fino all'alba lo sai vero? Ognuno ha la sua vita e tutti dobbiamo cercare di portarla avanti nella maniera più dignitosa. Come sempre tu mi hai insegnato a fare, ricordi?
Allora andiamo.
Preghiamo per chi è morto e non lo sa.
Preghiamo per chi come me si sente in dovere di non chiedere.
Preghiamo per chi dopo un foro di proiettile in testa si alza e parte.

8 marzo 2008

il teorema di barracuda.


Perche infondo nella tua puerile immaginazione ci sguazzi vero? Perche ti piace, no anzi adori vivere tra i vicoli tappezzati di antisdrucciolo della tua nuova facoltà non è forse cosi? Condividiamo tutto ciò che c'è di essenziale per vivere non te n'eri accorta? L'aria, il cibo, l'acqua. Vedere le parole. E questo lo facciamo INSIEME. La senti per caso la puzza di muffa che proviene da quel libro riaperto per puro caso oggi dopo quanti? venti? ventitrè anni. Sei custode fedele dei piu alti saperi e non te ne rendi neanche conto. Ambisci sempre alla luna ma quando ti ci trovi sopra, ti chiedi come cazzo ritornerai indietro, così, senza calcolare il peso delle tue azioni.

"Vivo le mie vite nei terminal degli aeroporti, mi piace la vita dei duty free ma se c'è una cosa che amo è il suono delle ruotine dei carrelli sui pavimenti di pvc" Vivi le tue vite tax free perche pensi sia la soluzione più agevole e sensata. "Non potrei mai. Morirei piuttosto di non essere in condizioni di poter congelare ogni cosa mi capiti tra le mani sai?" Si, la capivo, ma non ne sarei stato capace penso. Per quelle cose serve un talento naturale che obiettivamente ammettevo mi mancasse. E c'è chi, quando si trova in tua compagnia, come un piccione qualsiasi, rigonfia d'orgoglio, quasi che nel petto avesse un altro IO pronto a balzare fuori e a vociare la sua quiete.

Ma quello non sono io. Non potrei mai esserlo d'altronde perche si sa. Le squadre da mezza classifica come sono. E' un costante attentato alla mia sopportazione che come il mondo, un limite ce l 'ha ma si perde nella notte dei tempi. "Mi distraggo spesso, ho molte difficoltà a stare concentrata per più di un'ora e mezzo su un argomento". Ma per me codificarti è più difficile delle equazioni spurie di secondo grado delle superiori. E perche quelle di terzo non esistevano per noi!

Infondo pare tutto colorato con i pastelli quando si ha a che fare con te. Anche se l'idea è che quando la maestra non ti vede, si, non disdegni di usare anche i pennarelli indelebili con la punta grossa. Ti danno quel senso di libertà primitiva di cui tanto senti il bisogno. Te lo si può facilmente leggere negli occhi.

di sicuro non sono io l'androide.(porcatroia).


In genere a letto ci vado non prima delle due. Quella sera però ero particolarmente stanco e neanche a mezzanotte già dormivo. Invece della solita sveglia, quella mattina sento un cardellino che canta ossessivamente. Nudo, in mezzo ad un parco pieno di ragazzini, mamme, gelati e cappelli stile pre - 1946. C'è chi parlerebbe di coincidenze.
Gli occhi sono ancora chiusi e oltre a quel fottuto cardellino che mi entra nel cranio come un Bosch a percussione un beep intermittente. Fa un cazzo di freddo.

00.06.57.35.86?

Cosa diavolo è? Numeri rossi?
Quelli che si vedono nei film sai? Quelli dei timer delle bombe. Del filo blu e di quello rosso.
Sotto la pelle del mio braccio sinistro. Non sento nemmeno più l'osso. Al posto del radio un cazzo di rettangolino di ferro. Con i numeri. Statici. Quei numeri. Il beep non c'è piu.
Alzo la testa al cielo e il sole mi ritappa gli occhi. Riprende il beep.

00.06.57.28.39

Si tratta di uno scherzo? O di un esame? O di che cosa? Eppure ero lì. Per ogni ora, minuto, secondo o centesimo che chiudo gli occhi il timer cambia,decresce, propensione allo zero assoluto.

00.06.57.27.85

00.06.57.27.30

00.06.57.26.99

Sento il peso delle sette ore scarse che mi separano dal piu grande punto interrogativo della mia breve sottospecie di esistenza. Ho capito tutto. Ho capito tutto cazzo. La via di mezzo non esiste. Se vivi, vivi per sempre. Immortale. Se muori, muori per sempre. Scegli. O sei protagonista della tua serie tv preferita oppure ti accontenti di essere l'outsider che meriti. Tanto gli sceneggiatori se ne fregano e continuano a scrivere.

00.06.57.25.45

In meno di sette ore puoi fare quello che ti va di fare con gli occhi chiusi. Oppure vivi con gli occhi bene aperti il resto della tua vita, per i prossimi, diciamo, cinquant'anni. Più facile di cosi direi non si può.
Poi tutto potrebbe (e dico potrebbe) crollare. Spiralizzarsi verso il punto di non ritorno. Ciao. Qui non siamo ad Hollywood. Qui gli artificieri non servono a un beneamato cazzo. Qui sei solo. E forse pure più fortunato perche ti è data una scelta.

00.06.57.24.88

Due treccine bionde, un vestitino fucsia e un paio di lucidissime scarpette bianco latte mi fissano. Immobili. Mi sorridono In quel sorriso di una sincerità quasi disarmante e nuova affondo per pochi secondi, prima che urlando il suo nome la madre la porti via da me come se fossi un qualsiasi mostro.

Qualcosa vuole cambiare la mia vita e trasformarla in una corsa verso il negativo.

00.06.57.22.64

Ho una discreta fame. Considerando che non dormirò per decenni la cosa già mi preoccupa. Una vita che si appresta a diventare piena di "nonhaiunbellaspetto" e "mammacheocchiaiechehai". Vivere alla fiera dell'antiquariato o peggio bollato come "lotto 47" ad un asta di beneficienza? Questo?

00.06.57.21.75

Che ad una vita fatta di commenti sterili e pungenti come siringhe sia preferibile direttamente l'anestesia totale? Chissenefrega, tanto ho quasi sette ore per pensarci.








7 marzo 2008

e tu avevi i vestiti adatti per la tua apocalisse.


Poi apro gli occhi e leggo che fuori piove. Come se qualche allarme fosse impazzito e avesse trascinato dietro di sè carnefici e vittime. Hanno fatto una strage. Angeli con le ali ingessate dall'infermiera sordomuta. Tu ed io scorriamo l'album che ci ha regalato tua sorella. Quello senza foto di lei. Mi sembra di vivere. No?

E a me cade un mito fatto di supremazie e cancri al fegato. Corriamo il buio e tu hai bisogno di una sigaretta. Una delle solite, di quelle che fumi tu. Le solite. Si. C'è abbastanza tempo prima che tutto crolli. Prima che i lampioni del corso ci annodino insieme come serpi che litigano e si sciolgono come un gelato al sole. Il cielo è viola intenso e sento odore ci caffè e catrame bagnato.

"Devo togliermi le scarpe" dici. "Devo, tu non capisci, ne ho bisogno" Ma ci prenderanno amore, ci prenderanno, e poi? Non ci saranno piu piedi a cui mettere le nostre scarpe firmate. Non piu balli di scuola, non piu feste con gli amici, non piu tequila o vino insieme. Condannati eternamente a stupidi giochi infantili. E' gesù cristo che ci punisce, il temibile misericordioso.

Stiamo perdendo non te ne sei resa conto ancora? Siamo emarginati o saremo indelebili sui muri se continuiamo cosi. Fidati. Di me. Correre è l'unica cosa, e dimenticarsi. Non possiamo dormire. Nemmeno un falso dormiveglia ci è concesso.

Fottiti.

Andiamo. Andiamo. Andiamo a vedere cosa succede quando il tramonto del giorno non arriva mai. Quanto ancora il fumo di quelle fotografie bruciate deve ancora continuare ad avvelenare l'aria?

6 marzo 2008

permanente integrità scolpita sul retro del sistema solare.


Rideva. Rideva beffarda sotto il suo cachemire color porpora. E non si preoccupava dell'idiozia del mondo che la circondava. Era sola la poveretta e tutto intorno a lei manichini dell'upim chiuso ormai da cinque anni buoni. Sorrideva di noia. Visibilmente assuefatta dalla costante tachicardica ricerca della SUA felicità.
Apparente.
Non mi sono mai sentito tanto infelice per qualcuno. Nemmeno per quel gattino che stringe come se fosse la SUA ultima speranza.
Tra le dita. In quella foto.
Regina di anidride carbonica e di tutto cio che ne consegue.
Non sa di essere emblema della fine.
Mi parla. Come se parlasse alla centralinista della TIM. Seguita a ripetermi del SUO progetto. Dei sogni, delle aspettative. Chi ha il coraggio di dirle che niente di tutto ciò è reale?
Anche se fosse, servirebbe forse a qualcosa? A qualcuno?
No
"Ieri sera ero strafatta ad un rave e oggi mi serve la macchina ma non so dove l'ho parcheggiata"
Strano, dove dovrà mai andare?
"Dal mio ragazzo"
Avrei potuto accompagnarla, d'altronde.
"Non disturbarti, fà lo stesso."
Vabene.
Sei così costantemente affamata che non guardi in faccia nemmeno chi in faccia ti guarda eccome. Pensi di sapere, di essere, eppure no. Pensi ma no. No. Non sei.
Pensieri di plastica e idee surgelate. Le menti sottovuoto dai banconi del supermercato sono quelle dei nuovi supereroi metropolitani intabarrati a gennaio e accaldati a luglio.
Spingono ma non vogliono essere toccati. Colla.
Nuclei di grigio si sparpagliano sui marciapiedi e la gente li vede, e li evita. Come se fossero merde di cane. Il TUO grigio.
Quello di TUTTI.
"A settembre me ne vado" Un ragazzo sorseggia il suo caffè seduto sul muricciolo. Legge Perèc.
La vita istruzioni per l'uso.
A cercare cosa? Una costante che mi permetta di non inciampare durante il mio percorso extratemporale. Che mi possa cementare i piedi nell' anno che mi appartiene.
Lo sterrato che mi faccia arrivare prima e meglio. Poi dopo, imparerò.
Sappiamo entrambi che così non sarà. Che dell'altro
occuperà il TUO grigio.

è tutto ok.

Culla, luce ronzante. Il vuoto, noi a piangere dietro.
La mia ora d'aria in fumo, senza pretese, senza ombre sopra. Sorrisi sterili circondano inutili scritti senza parole.
Esplosioni. Implosioni, visi spenti intorno.
Noi a piangere dietro. Mura di carta. Piangi la tua madonna anoressica.
Piangi. Luce, ronza ancora. Reagire. Consumare. Scuotere e finire. Quando? Ovunque.
Pagliacci si dilettano con niente, stringono tra le mani solo sabbia e seta.
Luce ronza ancora, esali l'ultimo respiro e ti nascondi dietro di te. Fragile.
Mostro ciechi lati per sorprenderti. Al centro di un campo, con lo stadio pieno. Intorno.
Leggimi, guardami, ascoltami, odiami. Torni e la parte più bella è già conclusa.
E guardo i neon dell'ospedale. E luce ronza sempre.
Fissa. Sole di marzo. Unico tra tutti quelli possibili. Immobile.
Pregare un dio ultimo. Così facile ed inutile.
E luce trema. Immobile.
Così deve essere e niente di più.
Semplice.
Inutile.